Meno Bar, Più centri sociali

Un problema sociale non si risolve con un’ordinanza restrittiva ed autoritaria che limita la libertà delle persone di viversi la piazza accompagnate dall’uso di bevande alcoliche. Il mercoledì è la serata universitaria: Ferrara manca talmente tanto di spazi ricreativi e socialmente partecipati, che non dobbiamo stupirci se in queste sere constatiamo anche degli sfoghi e dei consumi irresponsabili. Di fronte a questa valutazione le istituzioni hanno deciso di reagire con una strategia dell’emergenza che, bypassando un reale confronto con la comunità cittadina ed universitaria, ha emanato un’ordinanza per rinchiudere la vita serale del mercoledì all’interno dei locali o confinarla all’esterno del cuore della città. Si poteva invece (e si può ancora) decidere di essere più radicali e fare una scelta politica differente che non riguarda solo l’emergenza che oggi è del mercoledì, ma domani potrebbe essere, ed è, quella di un quartiere degradato e via dicendo: aprire cioè spazi umanamente vivibili, crearne di nuovi in luoghi già esistenti, affidarli in mano ai progetti della comunità di persone che li abitano o che li frequentano, liberalizzare i momenti di creatività al di fuori degli eventi istituzionalmente organizzati e dei locali con obbligo di tessera e di consumo. Questa scelta politica si affida alla capacità di autogestione di una comunità cittadina, sfida le chiusure e i tentativi di apartheid delle logiche repressive e capitalistiche che continuano a limitare la vita delle piazze storiche. Pone un’alternativa alla costruzioni di non-luoghi di consumo e di consumatori identici l’uno all’altro su ogni punto del pianeta, i centri commerciali, che accompagnano la nascita di ogni nuovo quartiere al di fuori delle mura della città. Ancora la stessa logica che vuole rendere più sicuro un quartiere aumentando i controlli di polizia, mentre sappiamo fin troppo bene che la vera sicurezza nasce dalla convivialità e dal conoscersi oltre il muro della diffidenza.
Il nostro rifiuto di questa ordinanza non è assimilabile ad una lotta di corporazione dei commercianti della zona. Il nostro rifiuto si costituisce attorno ad una volontà politica libertaria che si oppone alla gestione autoritaria della vita pubblica e soprattutto rilancia alla comunità ferrarese la necessità che questo momento di conflittualità diventi un’occasione di consapevolezza attiva rispetto al modo in cui vogliamo vivere questa città. Basta spendersi e progettare sul consumo, spendiamoci noi affinché i luoghi pubblici tornino a vivere e a parlare, spendiamoci noi poiché ciò che è in comune è nostra responsabilità: riappropiamocene!


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