Crisi Globale e Costituzione del Comune

Uninomade

 Il percorso che desideriamo proporre alla città di Ferrara con questi quattro incontri pubblici muove da un’analisi della crisi, la quale, lungi dall’essere un incidente di percorso nell’adempimento delle “magnifiche e progressive sorti” dell’Occidente, è connaturata alla struttura del Capitale e ne esibisce le logiche immanenti.

La crisi deve essere pensata come sistemica e strutturale rispetto all’attuale modo di produzione e ai suoi rapporti di sfruttamento: non si tratta certo di un’emergenza che possa essere affrontata mediante uno spending review o una manovra nel segno dell’austerity. Il Capitale  infatti, provocando uno stato di crisi permanente, può continuare a depredare la ricchezza prodotta dalla società e a perpetuare, mediante i suoi reticolari sistemi di cattura, le sue logiche interne di dominio e di appropriazione. Da questo punto di vista, i poteri si mostrano nella figura del Giano bifronte: da una parte capaci di articolare la vita della popolazione, con i vari patti storici tra capitale e lavoro e i dispositivi di regolazione e di accrescimento del “benessere” della società, dall’altra la crisi e lo stato di eccezione (permanente) rafforzano e giustificano il potere poliziesco dello Stato e le forme di repressione, utilizzando in maniera politicamente produttiva la paura ed il bisogno securitario del cittadino moderno.  

Non è nostra intenzione assumere questa situazione storica appellandoci ad un rinvigorimento della forma-Stato nè all’interesse privato dei singoli cittadini, bensì lottando in favore dei Beni Comuni, che sono tali in quanto si fondano sul fatto di essere in comune, e quindi inalienabili, nè pubblici nè privati. Il Comune, inteso sia come una prassi e sia come produzione materiale e sociale, emerge oggi dalle lotte dentro e contro il Capitale ed è una denuncia della retorica mistificante che vorrebbe naturalizzare l’evento, sempre rinnovantesi, dell’appropriazione e dell’accumulazione capitalistiche.

Dunque non si tratta soltanto di lottare contro l’espropriazione di quei beni come l’acqua, l’ambiente, la salute e l’istruzione, ma di riconoscere come ricchezza comune che continuamente produciamo anche le nostre relazioni, gli affetti e i saperi. Questa estensione concettuale  e pragmatica della potenza del Comune non vuole essere una mera velleità intellettuale, ma può configurare in maniera più radicale il nostro divenire-rivoluzionari: mirando a sovvertire il fatto che le nostre capacità linguistiche, relazionali e i nostri saper fare siano docilmente sussunti e continuamente messi al lavoro nel mondo post-fordista, queste stesse pratiche possono comportarsi come un materiale esplosivo di conflitto, dando luogo ad una moltiplicazione dei fronti delle nostre resistenze.

A partire dai processi costituenti che possiamo mettere in atto, tra i quali si inserisce anche questa proposta seminariale, vogliamo costruire insieme possibilità di lotta e pratiche di vita volte ad intensificare il gesto delle nostre libertà e a destituire la presa dei poteri nel dare forma al mondo di oggi e ai suoi orizzonti.


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