L’attuale ondata di proteste nel mondo arabo è cominciata nel campo di GdeimIzik (Noam Chomsky)
Nell’ottobre del 2010 e dopo 19 anni di rinvii, grazie anche alle dimenticanze dei nostri governi europei, il popolo Saharawi che continua a vivere diviso e sotto l’occupazione marocchina decide di organizzare la più grande protesta pacifica dopo l’uscita della Spagna.Circa 5.500 Saharawi improvvisano un accampamento alla periferia di El Aaiùn e in poco più di un mese diventano 20.000 fra uomini, donne, bambini e anziani. “Il campo della dignità e della libertà”, così veniva definito dagli stessi saharawi, nasce come ribellione alle loro condizioni di vita e contro le discriminazioni a cui sono sottoposti dal governo marocchino e, pur non rimanendo separato dalla rivendicazione dell’autodeterminazione e alla difesa dei beni naturali del territorio del Sahara Occidentale, sul campo non sventolava alcuna bandiera della RASD. Il campo sorgeva sul terreno di proprietà di un saharawi e quindi legittimo e legale ma nonostante questo giorno dopo giorno attorno al campo stesso è cresciuta la tensione e il 24 ottobre la polizia ha sparato contro un auto che stava rientrando uccidendo un ragazzo di 14 anni e ferendone altri 6. La vita nei campi era organizzata attraverso tre comitati, e la quotidianità comprendeva la preparazione del cibo, la raccolta dei rifiuti, la cura degli ammalati e dei feriti, ma soprattutto incontri per poter discutere delle ragioni della loro resistenza e delle scelte future: per la prima volta dopo 35 anni i saharawi potrvano incontrasi, parlare e riunirsi, potevano organizzarsi e manifestare liberamente.
Il 6 novembre il Re in occasione dell’anniversario della marcia verde pronuncia un discorso repressivo affermando che non saranno tollerate le proteste saharawi e che non solo il Sahara Occidentale è terra del Marocco ma anche i territori liberati e controllati dalla RASD. Questo intervento diventa l’autorizzazione ufficiale ai militari di attaccare il campo della dignità. La notte dell’ 8 novembre i militari attaccano in maniera brutale i saharawi sparando su civili inermi, e rovesciando con elicotteri acqua bollente sulle tende. Il bilancio è di decine di morti, centinaia di feriti e di arresti. Ad un anno di distanza il campo di Gdeim Izik resta e resterà un simbolo della libertà e della dignità di chi si batte per i diritti umani e per l’autodeterminazione dei popoli, per il ripetto del diritto internazionale. I morti, gli scomparsi, gli arrestati non appartengono solo al popolo Saharawi ma anche a tutti noi.
Campo di Gdeim Izik, nei pressi di El Aaiun nel Sahara Occidentale occupato dal Marocco “QUI E’ NATA LA PRIMAVERA ARABA”: Noam Chomsky “Campo della dignità’ e della libertà”: così lo chiamavano i Saharawi. Era un campo di 8.000 tende con 20.000 persone di ogni età, innalzato dalle famiglie Saharawi per protesta e per i diritti sociali e civili di un popolo che non rinnega se stesso.
l’8 novembre 2010 i militari hanno invaso e distrutto il campo.
L’origine del popolo Saharawi (letteralmente “gente del deserto”) risale all’incontro fra i berberi che abitavano il deserto del Sahara e gli arabi Maqil venuti dallo Yemen e stabilitisi nella regione dell’attuale Sahara Occidentale nel XIII secolo.
Da sempre questo popolo nomade è organizzato in modo autonomo, con forme proprie di lingua (hassanja molto simile all’arabo classico), cultura, politica e organizzazione sociale. Nel 1884 in piena colonizzazione africana, il trattato di Berlino sancisce i confini del Sahara Occidentale, abitato dal popolo Saharawi, che diventa così colonia spagnola. Nel 1960 l’Assemblea Generale dell’ONU riconosce il diritto dei popoli all’autodeterminazione. A partire dal 1963, anche il Sahara Spagnolo viene incluso nella lista dei territori cui tale principio deve essere applicato, ancora oggi questo territorio è di competenza della IV Commissione dell’ONU dedicata ai “territori non ancora autonomi”. Sotto gli auspici delle Nazioni Unite, la risoluzione del 1972 include per la prima volta anche il diritto all’indipendenza. Nell’agosto 1974, il governo di Madrid informa il Segretario
Generale dell’ONU dell’intenzione di tenere un referendum, sotto il controllo delle Nazioni Unite, entro i primi sei mesi dell’anno successivo, e nell’autunno del 1974 procede al primo censimento della popolazione. Il re del Marocco, per bloccare iniziative di indipendenza del popolo Saharawi, organizza una marcia popolare di occupazione pacifica di 350000 persone. In realtà si tratta di una vera invasione del territorio Saharawi con forze di polizia e militari.
La Spagna si ritira prima che il processo di decolonizzazione sia avviato e tramite accordi segreti nel novembre del 1975 (Accordi di Madrid) cedendo i territori a Marocco e Mauritania si mantiene salva la possibilità di sfruttamento delle risorse naturali.
Nel 1975 i Saharawi sono così costretti ad abbandonare il proprio territorio invaso dal Marocco a nord e dalla Mauritania a sud. Da allora vivono dispersi e divisi, una parte è rimasta nei territori occupati dal Marocco (ora unica nazione occupante), un’altra in Europa e la parte più numerosa (circa 200.000) si è rifugiata, dopo una fuga sotto i bombardamenti di napalm e fosforo, nel deserto algerino nei pressi di Tindouf.
Nel 1976 (27 febbraio) il Fronte Polisario (Fronte di liberazione del popolo Saharawi) decide di proclamare l’indipendenza e la nascita della Repubblica Araba Saharawi Democratica (RASD).
Nel 1980 inizia la costruzione del muro di sabbia (Muro della vergogna) da parte del Marocco: un muro lungo 2700 kilometri che dividendo il Sahara Occidentale occupato da quello liberato, divide un intero popolo impedendone il ricongiungimento delle famiglie. Il muro è di sabbia e pietrame, preceduto da campi di mine (molte delle quali sono italiane) e controllato da sistemi elettronici di sorveglianza e da punti di guardi armati a distanze regolari. Nel 1988 viene istituita la MINURSO (Missione delle Nazioni Unite per il referendum nel Sahara Occidentale) e stabilito un piano di pace. Nel 1991 il Marocco e il Fronte Polisario firmano un “cessate il fuoco” e in accordo con la Minurso stabiliscono il referendum per decidere sull’indipendenza da tenersi in gennaio 1992. Da allora il Marocco continua a rinviare la data del referendum. Dall’aprile 2007 ad oggi si sono tenuti 8 rounds di negoziati informali tra le due parti, promossi dall’inviato speciale dell’ONU Christopher Ross, l’ultimo dei quali in luglio. Tuttavia, nessun progresso è stato fatto. Il Marocco, che diventerà uno dei 15 membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza a partire da Gennaio, rifiuta di permettere qualsiasi dibattito in merito ad una possibile indipendenza, (prevedendo) solo una maggiore autonomia sotto l’amministrazione marocchina. I prossimi incontri non ci saranno – denuncia Ross – perché il Marocco non è disponibile utilizzando le elezioni legislative come scusa per non partecipare ai negoziati.