Venerdì 20 aprile eravamo in piazza a fianco dei lavoratori contro una sovrastruttura statale che con questo governo tecnico getta la maschera per mostrare la sua vera faccia: sotto la tanto venerata democrazia rappresentativa si nascondevano infatti banchieri e burocrati dei gruppi economico-finanziari internazionali, che oggi pretendono di farci accettare qualunque condizione, compresa quella di essere messi da parte se di noi non c’è bisogno, per rimanere all’interno dei meccanismi produttivi.
Consapevoli che la progressiva privazione di diritti e l’imposizione di un’esistenza precaria, fatta di insicurezze, è una condizione indispensabile per renderci sempre più sottomessi e ricattabili, la nostra volontà è quella di andare oltre ad un mero tentativo di tamponare i problemi che la crisi economica sta facendo nascere.
Troviamo invece che sia giunto il momento di cambiare rotta in maniera radicale poiché il fallimento del sistema economico neoliberista è sotto gli occhi di tutti. Oggi come mai risulta indispensabile capire quale strada seguire, quale alternativa creare e come fermare questo così detto “progresso” che ci sta facendo correre all’impazzata lungo un binario morto.
Il lavoro, invece che attività per realizzare se stessi e contribuire alla vita della propria comunità, in equilibrio con la natura, si riduce ad un ricatto, una costrizione, che ci rende inevitabilmente parte di un modello di sviluppo totalmente incompatibile con la capacità degli ecosistemi di continuare a vivere.
Con questo modello che si basa sulla sovrapproduzione di beni e con questi ritmi di consumo/spreco di materie prime, il mondo virtuale dell’economia e della finanza si autoalimenta, ma il mondo reale, fatto di mari, fiumi, montagne, viene incessantemente devastato e le nostre vite rimangono legate ad una mole di ore di lavoro che sono, oltreché superflue, dannose per noi e per l’ambiente in cui viviamo.
È dunque indispensabile costruire un’alternativa dal basso, orizzontale, che trovi modi e pratiche comunitarie per rendere il lavoro un’attività di ricerca più diretta dei mezzi di sostentamento, lavoro “vivo”, che miri all’autorganizzazione per ottenere ciò che necessitiamo per vivere.
Tutto questo non significa essere utopisti, anzi significa credere fino in fondo che occorre combattere con alternative pratiche e reali la società distopica in cui viviamo, significa rendersi conto che costruire un’alternativa non è solo possibile ma indispensabile.
Le rivolte sociali che si estendono in tutto il mondo contro questa dittatura economica sono la prova che esiste un sentire comune, in grado di travalicare ogni forma di politica rappresentativa per battersi contro il saccheggio indiscriminato delle risorse e contro le ingiustizie sociali che negano la libertà di tutti.
Noi studenti dobbiamo essere parte attiva non solo nel momento della protesta, ma anche e soprattutto nella costruzione di una società a misura dei nostri bisogni.
Di fronte ad un sistema che ci vuole ignoranti per imporci le sue soluzioni e che ci obbliga a credere che non c’è un’alternativa:
-rivendichiamo il diritto di costruire il nostro futuro
-difendiamo la cultura come strumento di critica alla realtà e di emancipazione sociale.
-proponiamo di costruire insieme momenti e spazi di socialità che ci permettano di crendere il sapere critico e libero.
RIAPPROPRIAMOCI DELLE NOSTRE VITE
IMPARIAMO A CONVIVERE CON LA NATURA E INSIEME ALLE ALTRE PERSONE
CONTRO CHI CI VUOLE IMPAURITI, SOLI E “REALISTI”
AUTORGANIZZIAMO LE LOTTE VERSO LA COSTRUZIONE DI UN’ALTERNATIVA!